Perchè le misure in campi di radiazione beta sono particolarmente complicate?                                                                                                                        

L’obiettivo principale della radioprotezione è la valutazione delle dosi di radiazione, dove con "dose" si intende la quantità di energia rilasciata dalla radiazione alla unità di massa del materiale irradiato. Nella maggior parte dei casi si tratta di dosi da esposizione a radiazione fotonica, X o gamma, ed il compito è relativamente semplice: una lettura dello strumento e via. Ovviamente, come la buona professionalità e la legge prescrivono (art. 107 D.Lgs. 230/95, comma1 "la determinazione della dose o dei ratei di dose ..... deve essere effettuata con mezzi di misura, adeguati ai diversi tipi e qualità di radiazione, che siano muniti di certificati di taratura. Con decreto del Ministro della sanità di concerto con i Ministri dell'ambiente, dell'industria, del commercio e dell'artigianato, dell'interno, del lavoro e della previdenza sociale, dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, sentita l'ANPA  e l'istituto di metrologia primaria delle radiazioni ionizzanti, sono stabiliti i criteri e le modalità per il rilascio di detti certificati, nel rispetto della legge 11 agosto 1991 n.273, che definisce l'attribuzione delle funzioni di istituto metrologico primario nel campo delle radiazioni ionizzanti (INMRI dell'Enea). Ne deriva che lo strumento deve essere stato preventivamente tarato in un campo di radiazione beta di energia nota, (tenuto debito conto, anche in questo caso, che di solito, a meno che la radiazione non sia quella, monocromatica di molti radionuclidi emettitori gamma puri la radiazione misurata risulta in genere modificata per esempio dalla filtrazione posta al tubo radiogeno per radiografia medica)  e  noto in tutte le sue caratteristiche, cosicché il dato di lettura, eventualmente corretto in base a dati, essi pure noti, dello strumento o delle circostanze della misura, è subito utilizzabile per stabilire il  rateo  di dose e la dose impartita alla materia esposta. che nella radioprotezione è la materia vivente delle persone; il dato serve inoltre per la delimitazione delle zone classificate e per la classificazione del personale esposto o non esposto professionalmente, secondo le applicabili definizioni di legge. Desidero sottolineare che in questi casi pure assai frequenti, almeno un dato è sufficientemente noto, cioè l’energia della radiazione. (v. anche www.misurebeta.com).

In altre circostanze anche abbastanza ricorrenti nell’ambiente industriale, nelle quali occorre parimenti giungere a stabilire la dose di esposizione, segnatamente nel caso di radiazione beta, che qualcuno liquida superficialmente come di scarso interesse perché poco penetrante (invece proprio per questo è semmai più temibile), la dose va obbligatoriamente valutata, avendo in mente organi esposti come la pelle ed i cristallini degli occhi. Del resto è sempre possibile, per esercizio, simulare un’esposizione ad elettroni di energie anche relativamente modeste per rendersi conto che vi sono giustificati motivi per affrontare il lavoro. Sfortunatamente la radiazione beta, come si sa, è accompagnata dal “neutrino”, il quale si porta via una parte consistente della energia del decadimento, senza peraltro depositarla da nessuna parte (esperienze calorimetriche per l’energia media di Ellis e Wooster, 1927, e di Meithner e Orthman, 1930), quindi non contribuendo alla dose. Inoltre i beta sono accompagnati da X di frenamento, il cosiddetto brehmsstrahlung, che alla dose contribuiscono, ma che vanno determinati a parte. Allora è evidente che un rilevamento strumentale nel caso di radiazione beta, o corpuscolare in genere, dovrà essere eseguito con uno strumento che sia selettivamente sensibile alla energia della radiazione, e non soltanto risponda alla presenza o meno di essa, oppure attraverso metodi indiretti che si basino comunque su fenomeni misurabili e differenziati in funzione della energia assorbita  Mi è capitato, talvolta, di vedere effettuare misure in campi beta con camere di ionizzazione, e soltanto con quelle. Dato e non concesso che la camera, di solito assai poco sensibile, avesse indicato qualcosa, forse si trattava della componente X di frenamento, misura inquinata eventualmente dal contributo di qualche beta che aveva interagito comunque con la camera, che peraltro resta sensibile anche alla radiazione beta, pur senza essere ovviamente in grado di misurarla in termini di dose, anche tenuto conto che il volume della camera e le sue dimensioni interne sono piccole rispetto al range dei beta, quindi una parte della radiazione non interagisce col gas di riempimento; le camere con pareti equivalenti al tessuto viceversa assorbono la radiazione beta in modo imprevedibile con la energia; sarebbe  in ogni caso arduo stabilire una relazione tra l'energia ricevuta dal gas di riempimento e quella che sarebbe ricevuta dal tessuto in profondità. Quindi le camere di ionizzazione con pareti equivalenti al tessuto, se opportunamente tarate (ma con l'osservazione fatta all'inizio) servono soltanto con radiazione X o gamma a permettere misure di dose. Riassumendo, qualunque tipo di radiazione si misuri, la lettura dello strumento va presa in modo critico, sapendo che quasi mai esiste una relazione diretta tra la lettura e la dose impartita alla materia irradiata.

Qualunque rivelatore si impieghi, deve essere stato preventivamente tarato in termini di dose per ogni tipo di radiazione ed alla energia di quel tipo di radiazione, cosa che è arduo trovare sopratutto per la esposizione esterna alla radiazione beta, anche presso laboratori certificati, che sono quelli di riferimento per la strumentazione dell' E.Q., e che andrebbe perciò determinata dal Laboratorio analiticamente con opportune tecniche, pena la non validità della verifica.

Quindi il lavoro si presenta complesso, e mette alla prova un po’ tutte le conoscenze teoriche ed operative di un E.Q. (Esperto qualificato). Prima di tutto, usando filtri adeguati ed un contatore Geiger, occorre separare beta da X per studiarli ognuno per conto suo. Dai numeri che vengono fuori, si vede spesso che la componente X è poco rilevante, e va semplicemente a variare in qualche modo il fondo ambientale. Allora resta da valutare la componente beta. Raccogliendo serie numerose di conteggi a distanze diverse  dalla sorgente, e di tanto in tanto interponendo filtri di un materiale assorbente, per esempio alluminio, si può trovare il coefficiente di assorbimento di massa dell’alluminio, che è circa lo stesso per il tessuto vivente, e con  un (bel) po’ di lavoro a tavolino si può cercare, anche con (scarsi) dati della letteratura, di determinare il valore della energia alle distanze alle quali si erano usati i filtri e poi anche le dosi e le dosi profonde. E’ appena il caso di notare che i dati grezzi per il lavoro ce li può fornire soltanto un contatore Geiger, di cui tuttavia occorre conoscere bene le caratteristiche, geometriche e fisiche, della finestra. Una nota di doverosa cautela: le tarature dei Geiger di molti Centri di Taratura sono utili per verificare la costanza dei ratei di conteggio, e null’altro; perché questo è ciò che dobbiamo attenderci da un Geiger, ed è ciò che serve; non certo valori di dose. Qui, per tutto ciò che è stato detto in fatto di rappresentatività dei dati di lettura dello strumento, sta alla professionalità dell'E.Q. trovare la corrispondenza con corretti valori di dose. Comunque i valori di riferimento, i "limiti" di legge, siano pure dettati in "scienza e coscienza" dalla comunità scientifica, sono difficilmente valutabili quando i dati utili sono mescolati ad una quantità di zavorra di segnali spuri dell'ambiente indagato. Questa è un'ulteriore difficoltà, che richiede all'E.Q. opportune strategie ed accorgimenti nella raccolta dei dati di valutazione. 

E' appena il caso di rammentare che i conteggi, cioè i dati grezzi che stanno alla base di ogni valutazione, e senza addentrarsi nella teoria degli errori di misura, ma semplicemente per impostare razionalmente il discorso, quando si esegue una misura si va inevitabilmente incontro a due tipi di errori o di imprecisioni: il primo è quello degli errori sistematici, per esempio dovuti allo strumento usato: se uso uno strumento con lettura numerica, sia pure ben costruito, il valore letto ha l'incertezza di metà dell'ultima cifra mostrata (quindi è opportuno leggere sempre verso fondo scala)(azione correttiva: taratura strumento); ma questa non è l'incertezza più preoccupante, perché si può stabilire come tenerne conto nella maniera più cautelativa (v.propagazione degli errori). Se poi la grandezza misurata ha la caratteristica di una variabile casuale, come nel conteggio di particelle o fotoni di un decadimento radioattivo, è la grandezza stessa che non ha mai lo stesso valore, i numeri ottenuti, comprensivi della incertezza dell'errore sistematico, idevono essere valutati con le tecniche della buona statistica (sopratutto conteggi protratti a lungo), in modo da stabilire quale sia il livello di confidenza da attribuire loro. In realtà non può esistere una stima se non è accompagnata dal suo livello di confidenza. Nella fattispecie occorrerebbe ottenere tanti conteggi quanti ne occorrono per avere il livello di confidenza (C.L.) 95% (cioè al 2σ;  dove σ è la deviazione standard, calcolata in genere come radice quadrata del dato di conteggio, e che corrisponde a C.L. 68%) sul conteggio, tenuto inoltre conto del conteggio di fondo ambientale, esso pure con le caratteristiche di variabile casuale, e verificato se va applicata la distribuzione di Poisson o quella di Gauss. In altre parole una relazione di verifica ben fatta conterrà sì una stima di dose; altrimenti rischierebbe di essere intesa come una certezza, per ciò che si è accennato scientificamente priva di senso; e però per correttezza dovrà riportare anche il valore del fondo ambientale rilevato alla it.wikipedia.org/wiki/propagazione_degli_errori data ed almeno la traccia dell'algoritmo di calcolo della stima al 95%. Altrimenti la valutazione, a seconda dei punti di vista, può essere considerata una superficialità senza valore scientifico, o un vero, consapevole, tentativo di attestare qualcosa di  non accertato, eventualmente nel (comprensibile, ma deplorevole) tentativo di tranquillizzare datore di lavoro e lavoratori. Il C.L. 95% è preso come metodo per es. dal noto BRH (Bureau of Radiological Health) degli Stati Uniti, ed è già un ragionevole compromesso, perché ci si accontenta di una approssimazione minore rispetto al σ (68% di probabilità che il conteggio ottenuto stia entro +/- σ dal valore vero) a favore di tempi di conteggio più ridotti. Nella statistica delle variabili casuali, (per es. i conteggi di particelle) più è grande C.L.% più si allarga l'intervallo dei valori entro i quali è probabile si trovi il valore vero del conteggio effettuato. Per il calcolo si segnala la pubblicazione "Elementi di Fisica Sanitaria" (CNEN, 1971), a cura di Faloci, Lucci, Susanna, pagg. 228 - 231, tenendo presente che quando il risultato sia la somma o la differenza di dati di misura 1) l'errore assoluto del risultato è la somma quadratica degli errori assoluti delle singole misure, e 2) l'errore assoluto è al massimo pari alla somma degli errori assoluti delle singole misure: in ogni caso nel testo segnalato si fa generalmente riferimento alla deviazione standard, mentre nel caso di C.L. 95% la probabilità va calcolata al doppio della deviazione standard, e le formule vanno aggiustate a quel fine, Inoltre che, a buon senso fisico, la dose risulterà proporzionale al conteggio netto.  

 

Un approccio fondamentalmente simile è riportato anche dal prof. ing. D. Mostacci, DIENCA, Facoltà di Ingegneria UniBo, negli Appunti del corso di Protezione dalle radiazioni, parte IV.

E' stato creato un software,disponibile su richiesta via fax a 0392102137, per la dosimetria della irradiazione da sorgenti beta